Data: 30/11/1834



Luogo: Parigi, Francia

ID: Bellini_89



Parigi, 30 novembre 1834

 

Parigi 30: Novembre 34:

Mio caro Florimo – Tu hai ragione di lagnarti che io ti scrivo di raro; ma ne è colpa la mia opera: io lavoro come un gigante; ma contento, contentissimo, perché mi riesce, mi piace tutto quello che finisco: il libro è d’un genere appassionato, come ti dissi, non è tragico, non ha passioni di coturno; ma è tenero, passionato, e la musica, credo che l’ho indovinata: non v’è pezzo che non mi piaccia, non v’è pezzo che non mi dia l’idea di compiacenza d’averlo io composto, in una parola ti basti, che ho lavorato, e lavoro ancora, con un’impegno che persona non potrà eguagliare; che se i mottivi incontreranno il gusto dei francesi, la mia opera farà un furorone inaudito, perché è soigné con degli accompagnamenti i più delicati e nuovi, con delle armonie di gusto, chiare, come qualch’una che si trova nella Norma, o nella Sonnambula, che non sturbando la melodia, rende interessante il pezzo, infine voglio sperare che le mie fattighe saranno coronate dal successo – Vedi se avea ragione di temere di non poter venire in Napoli bene in tempo per io stesso montare i Puritani: la prima prova non si è potuto fissare prima del giorno 15: di Decembre, poiché ora devono montare l’Anna Bolena, per dar riposo a Rubini, poiché in quest’opera canta Ivanoff, e poi la Semiramide pel debutto d’un Contralto; dunque al più presto non andrò in scena che il 15: di gennajo, salvo circostanze di malattie; quando sarei giunto in Napoli? quando avrei fatto le prove? Tu potrai dirmi perchè nol preveniva; ma mio caro per avere una risposta da Napoli ci vuole un mese, dunque quando io scrissi, non erano sorte tali difficoltà che ora sono certezze, e ciò che da me non dipende, ma da ragioni di forza maggiore, non dovrà essere reputata mia mancanza; perciò se I Signori della Società m’accorderanno di venire in Napoli per mettere in scena una delle due mie opere nuove, invece di questa di Gennajo, l’affare sarà combinato, diversamente non sò a che tenermi: ma quasi son certo che Ottajano non incontrerà difficoltà a quanto gli ho domandato e che tale contratto sarà stabilito; specialmente dopo aver letto nella tua lettera d’jeri che cotesto Signore protega moltissimo la Debegnis; dunque dovrà avere interesse che io le scriva un’opera. Con Versace ho rimesso Le Duel sous Richelieu che la parte della donna sarebbe adattatissima alla Debegnis – io non vedo nulla di difficoltà perché la Censura lo riprovi, e quindi Romani mi potrà fare un bel libro. Chi ha fatto il libro a Donizetti del Marino Falliero? Tu mi dici che ha fatto della bella musica, che non sia poi come quella del Buondelmonte, che mi hai gridato cose gloriose nella prima rap‹presentazio›ne e poi dopo finì ad essere fischiato. Qui gl’intrighi valgono moltissimo pei giornali: sino Gabussi e Marliani hanno trovato delle lodi d’entusiasmo, ma tutto ciò che è mediocrità o cattivo resta nel disprezzo del publico a dispetto dei giornali. Come Napoli fù stupido, allora nell’offrire scritture a Marliani! Ad un’amatore che non ha fatto altro di grazioso che una cabaletta nell’aria di Rubini, presa nota per nota dal mottivo dell’intr‹oduzio›ne della Beatrice Se più soffri se più taci. Che non ha né novità, né stile, che si fà istrumentare da maestri ciò che fà; e Napoli offre? Ha fatto un’opera in francese le Marchand Forain all’opéra Comique, che è una porcheria, che nessuno và al teatro, e che ora il Sig:r Marliani non trova chi voglia dargli libretti: I giornali sono venduti all’imprese, dunque queste cercano di ritrarne dalle opere quello che possono con farne dire il bene più ampolloso che possono: ecco mio caro la routine di parigi. Se tu avessi inteso Lestoch d’Auber, che insipidezza! e pure i giornali l’ànno portato alle stelle per la renomée de Auber il publico è andato per 20: o 30: volte, ora il teatro è deserto. L’altra sera andò in scena Gabussi con Ernani, ha fatto un fiascone meritatissimo, né un’idea nuova, né condotta; ha voluto fare la scimia al genere declamato, ed i suoi pezzi sembravono continui recitativi poi non sà che sia istrumentale: Casella istrumentava meglio le sue Litanie, che orrore! Alcuni giornali gli han fatto giustizia, altri l’hanno lodato alle stelle: l’opera non si fà più frattanto, ed ecco il vero fatto. – Anche il Bravo di Marliani dorme per ora forse lo daranno per amicizia, qualche volta nel corso della Stagione, ma non si sà: ecco un’altra buona prova di ciò che deve credersi dei giornali francesi. – Straccia questa lettera, poiché è d’un bilioso che fà paura. – Parlai con \la/ Grisi e Rubini, e Tamburrini: questi dicono che se il teatro di Londra ove sono scritturati non si aprirà, (poiché l’impressario è in prigione) saranno contenti a trattare con l’impresa di Napoli per tre o quattro mesi dell’està ventura, che cade giusto il tempo della mia prima opera nuova; ma credo assai difficile che il teatro di Londra non si riapra \però/: io ti terrò sempre avvisato di quanto potrà sperarsi o farsi. – Aspetto tutti i giorni lettere da Romani: mi si dice che fà disperare ancora quei poveri maestri che sono sotto la sua dipendenza poetica. Io ho intenzione di andare a Torino e restare con lui durante il tempo che metterò a scrivere le due opere, toltone che non riceva l’invito di venire a Parigi ed allogiare in mia casa; poiché se le circostanze vorranno che altri impegni io accetterò per questi teatri francesi, bisogna che io resti forse, ed allora mi sarebbe felice avere qui Romani; ma in tutti i casi, se non si negherà, egli solo potrà contentarmi, e di lui desidero tutti i Libri che dovrò scrivere in Italia. Non sò se ti scrissi che ricevei risposta della Pasta, a quella mia lettera direttagli a Bologna: essa mi fece rispondere da suo marito, (perché essa mai risponde) ed esso figurati che mi dà del preggiatissimo amico: in una parola una lettera pulitissima, ma agghiacciata, ed assai lontana da farmi restare speranza che il loro progetto di matrimonio duri nel suo animo: io, tu lo sai, dico sempre per il meglio, e seguo il destino, senza però, mai trascurare di conseguire ciò che mi sembra giovevole ed onesto. – Non ho più novelle della Giuditta da due mesi quasi: forse è restata piccata da qualche mia espressione nelle lettere che gli scrissi:  ma che vuoi? io non voglio ritornare nella sua relazione, ove ho sofferto moltissimo, e tu in Napoli ne avesti una prova, quale angustia e quali spasimi non mi recò la sua coquetteria, e verso di chi?... d’un vecchio! dunque figurati quando l’ha fatto coi giovani, quali pene non mi fece soffrire; ed ora ti confesso che mi trovo d’un felice invidiabile, e se incontrerò con l’opera lo sarò ancor di più. Io non penso a nessuno: conosco, come ti dissi, una Signora che voglio bene piuttosto d’amicizia, che d’amore: essa mi ama alla follia, e come comprende che io sono freddo, fà tutto il possibile, con sacrificare il più minimo divertimento, a trattenermi presso di lei; dunque sono esente di gelosie, perché basta desiderare qualche cosa che essa subito, e senza quistione alcuna l’eseguisce: tale stato mi è tranquillo e piacevole. – Il mio pensiero poi è fisso al voler trovare una moglie. Tu mi parli di quella inglese ec: ec: Mio caro, dopo la dichiarazione che io le feci, ella si condusse con una stravaganza curiosa: è vero che ella mi disse sempre che come me, ella pel momento, sentiva sola stima ed amicizia per me; ma nelle sere che era probabile che io andassi a vederla, la trovava sortita, ed altro di questo genere, che mi sembrò assai freddo: era sempre affezionata però; ma che vuoi? io non potrei mai sentire amore per lei, per quanto feci: ancora però sono amicissimo di lei e della famiglia, sebbene non li vedo da quattro mesi, perché sono in campagna: sai le grandi difficoltà son due: la prima che non sò se si sono aggiustate con loro fratello, che volea dargli 150: mila franchi contanti \a ciascheduna /, invece del vitalizio di 12500: f‹ranch›i  all’anno che dà ad ognuno; e mio caro 150: mila f‹ranch›i di dote senza amore, sono pochi: la seconda poi che è la principale, è che la giovine ha di già 25: o 26: anni, età, che se per disgrazia non m’amerà fortemente non la metterà più nel caso di piegarsi a qualunque sarà il mio sistema, come d’agire, e di sentimento: in una parola non mi vedo più inclinato a tale unione; quindi ci ho per ora rinunciato: forse risorgerà di nuovo il desiderio; ma lo credo difficile. Io spero che tu non parlerai con nessuno di queste mie sciocchezze di matrimonii; poiché faresti ridere, come quasi ne rido io stesso e sovente. Una Signora, e vecchia Signora, la Baronessa Séllyere, vuole essa ammogliarmi con una ragazza di 18: anni, che mi dice esser assai bellina ed avere della fortuna: due a trecento mila franchi di dote: essa è figlia unica, e presentemente non è in Parigi, ma in Roma con suo padre e sua madre; perché suo padre è il celebre pittore Orace Vernet, che và ad arrivare a Parigi nella fine dell’entrante gennajo. Confidai questo scherzo della Baronessa a Greville che qui si trova da più mesi, per vedere se avea conosciuto tale ragazza: egli mi disse che ne fece la conoscenza in Roma; che è veramente graziosissima, specialmente la testina è qualche cosa che somiglia alla Madonna Laura di Canova, che poi è bene educata: conosce la musica il disegno e le lingue alla perfezione, che in una parola, se la dote non sarebbe a meno di duecento mila franchi, mi consiglia di contrattare tale unione; poiché prenderei qualche cosa di preggevole, e come spirito e talento, ed ancor più come naturale, che mostra esser di buona tempra, e d’una dolcezza senza pari: tali informazioni di Greville, che solo jeri mi fece, dietro il mio racconto, fà sì che ciò che credei scherzo, ora lo stimo fattibile, e mi trovo nel caso d’ubbidire la Baronessa, che xxx \sarà/ incantata di fare tale matrimonio, perché mi vuole molto bene, ed ama (essa mi dice), anche la ragazza; perciò te ne parlo, perché mio caro Florimo io non ti nasconderò il minimo dei miei proggetti, mai. – Ora il mio piano è il seguente: contrattanto un legame con una donnetta che con la sua dote mi mette in una certa indipendenza, posso io restare in parigi e scrivere per la Grand’Opéra e poi anche per l’opéra comique impiegando in ogni opera quel tempo che voglio; poiché non \avrei/ bisogno di pronti guadagni per intrattenere il mio stato. Avere poi una ragazzina, bellina, e bene educata farà che non prenderò relazione alcuna con delle donne non mie, e quindi procurarmi dei continui rancori. Con mia moglie poi, (in caso che anch’essa possedesse la voglia di coquettare) sono io il padrone: riceverò chi mi pare e piace, la porterò anche a viaggiare, se il pensiero mi prenderà ec. ec.: io però non credo che sarò a tai passi costretto: io mi conosco: se sposerò una donna graziosa di spirito, e di figura, e buona nell’istesso tempo, credo che gli terrò una compagnia la più affettuosa: ora le donne, e tutte senza eccezione, non mancano verso i loro mariti, che quando questi le trascurano; dunque io per ora m’ideo una felicità; potrà essere che duri quanto quella che mi formava per l’inglesina: allora tutto per il meglio: io sono così anche, amo la donna, che non ho in progetto di sposare, e mi annoja quando questo proggetto s’affaccia, se tale impressione sarà costante, vedi bene che mai prenderò moglie. – Amen. – Sento lo strepitoso incontro della Malibran nella Sonnambula, non potea essere diverso. Oh! se volesse fare la Beatrice! non tanto per Napoli, quanto per Milano, ove la riprodurrebbe, e con che successo! ed allora la mia maltrattata Beatrice risorgerebbe, \e/ come la Norma  camminasse i teatri. Tu mi dici di finire l’opera I Puritani, con una grande scena per la donna; questa era la mia intenzione; ma da ragionevolissimi cambiamenti fatti nel 2:do atto, la scena della donna cade nel centro dell’atto, situazione che in qualche maniera rasso\miglia/ al quartetto della Nina; ma altro colorito; poiché v’è del malinconico, dell’allegro, poi del vago, ed infine chiude con un forte agitato: i due bassi gli faranno da pertichini; dunque altra scena infine, e forse non ben situata non farebbe che danno all’insieme dell’opera; quindi ho pensato di finire con una graziosa, ossia, passionata cabaletta fra il tenore e la donna: del genere di quella del finale del 1:° atto nella \Sonnambula/ questa sarà preceduta da un largo concertato fra i due bassi, tenore, donna e cori, come nella Norma ec: così credo che andrà bene, essendo la situazione per tutti i soggetti in scena interessantissima. Certamente che farò una cavatina nuova espressamente per la Malibran. Io incomincerò fra giorni ad occuparmi di accomodare l’opera, che di già ne ho fatto il piano, del come, e vedo che verrà benissimo per Pedrazzi, Duprez, Porto (a cui tu ti prenderai la pena d’imboccare la sua parte) e la possente Malibran, che anderai a trovare da mia parte, che dopo averla gridato fortemente, perché non mi fece chiamare per vederla al suo passaggio da Parigi, gli manifesterai la mia riconoscenza per il grande impegno che fin’ora ha messo, e mette nel rap‹presenta›re le mie opere: dille che io spero scrivere per lei a Milano un pajo d’opere, se quell’avarone del Duca Visconti, vorrà accordarmi almeno il prezzo che Napoli viene di contrattare: che se ella lo desidera anche, potrà sodisfare il desiderio comune, con scrivere al Duca, o meglio parlargli, perché ne avrà il tempo, non potendo io contrarre impegni che per l’anno 1836: a cagione di quei contratti con Napoli; finalmente dille che s’arriverò a scrivere per lei espressamente, m’ammazzerò \sforzerò/ per fare che tutti i suoi immensi mezzi siino ben posti in mostra. Dille p‹oi che› accomoderò, ed adatterò xxx I Puritani alla sua voce, e che non tema per la parte; poiché come è appassionata come una Nina basterebbero le sole situazioni dette in prosa, ed agite da essa, perché ne ritragga un’immenso interesse: dille ancora, che io attendo e sospiro un’occasione per dimostrargli dove arriva la mia ammirazione pel suo talento, ammirazione che potrebbe sino dare ombra al suo caro Charles che io saluto caramente. – Addio mio caro, spero che sarai contento di questa mia lunga lettera e che mi perdonerai qualche volta il ritardo di scriverti. Tante cose a Cottrau, e digli che sono trattando con qualche editore per la proprietà d’edizione per le mie due opere nuove che dovrò scrivere per Napoli; proprietà per \sola/ la Francia, ed Inghilterra: io ho intenzione di ricavarne almeno otto o nove mila franchi ed ecco che allora sarebbero i primi 4500: franchi che il caro Cottrau introiterebbe. Digli che non proponga a persona o spartiti o edizioni, che li diriga a me; gli prometto che così ne ricaveremo più del doppio che egli xxx \stesso/ potrebbe: fra una settimana forse gli scriverò ciò che ho combinato. Addio.

Il tuo affsmo

Bellini

Deux Siciles

à Monsieur François Florimo

à Naples

t.p. paris bureau | 1 dec. 1834 - napoli | 15  dic

352

39.

Paris, 30 November 1834

Vincenzo Bellini to Francesco Florimo. Letter.

Aut. I-Nc, Rari 4.3.6 (43). Four bifolia, sixteen sides plus address and partially preserved seal in red wax on the verso of the fourth bifolio.

Ed. Florimo 1882, pp. 466-474; Cambi 1943, pp. 480-487; Neri 2005, pp. 352-356.

Paris 30 November 34

     My dear Florimo - You've every reason to complain that I write to you rarely, but my opera is to blame: I'm working like a Trojan, though most contentedly so, because it's all coming together and I'm happy with everything I finish. The libretto is a love story, as I told you, not a tragic, passionate kind of buskin but rather a tale that's tender and filled with emotional intensity, for which I think I've found the right music. Every single piece pleases me, there's not one that doesn't leave me feeling satisfied with what I've written — in a word, I've worked and continue to work with a dedication second to none, and that if the French audiences find its tunes attractive my opera will generate unimaginable excitement, because I've taken such care to create the most delicate and novel accompaniments, with tasteful and limpid harmonies like some of those in Norma or Sonnambula, which make the pieces interesting without disturbing the melodic line, that I may reasonably hope my efforts will be crowned with success. - See now that I was right to fear I wouldn't be able to make it to Naples in time to supervise the production of Puritani myself: the first rehearsal here can't be scheduled before 15 December, since now there's Anna Bolena with Ivanoff so that Rubini has time to rest, and then Semiramide for the debut of a contralto, which means my opera won't open before 15 January at the earliest, any eventual illnesses aside. When therefore could I have gotten to Naples? When would I have been able to begin rehearsals? You can ask why I'd made no previous mention of this; but, my dear friend, it takes a month for an answer to arrive from Naples, so these difficulties which are now certainties had not yet surfaced when I wrote, and I can hardly be held responsible for whatever results from circumstances beyond my control. If the Gentlemen of the Society will therefore agree to have me come to Naples to supervise the preparation of one of my new operas instead of this one in January, then we've found a solution, otherwise I don't know what to do — but I'm fairly certain that Ottajano will have no difficulty with what I've asked and that the contract can be so arranged, especially after I learned from your latest letter yesterday that this gentleman is an avid patron of De Begnis and I suspect he'll be keen for me to write an opera for her. Versace is bringing Un Duel sous le cardinal di Richelieu, which has a female part that would be just right for De Begnis. - I see nothing in it that would be objectionable to the censors, and Romani can use it to create an excellent libretto for me. Who wrote the libretto of Marin Faliero for Donizetti? You say he's written some beautiful music  not like that of Buondelmonte, which you so heartily extolled after the first performance but which ended up being all but whistled off the stage. Here the newspapers are quite partial to intrigue: even the likes of Gabussi and Marliani were showered with praise, yet the public has only contempt for everything mediocre or bad despite what the newspapers say. How stupid Naples was then to offer work to Marliani! To an amateur who's written nothing enjoyable but the cabaletta of an aria for Rubini, using the same theme, note for note, as "Se più soffri se più taci" in the introduzione of Beatrice? Who has neither originality nor style, who has other composers do his orchestration — and Naples makes him offers? He wrote an opera in French for the Opéra Comique, Le Marchand Forain, which is a piece of trash playing to an empty theatre, and now Sig. Marliani can't find anyone willing to write libretti for him. But the newspapers have sold out to the theatres, who try to squeeze whatever they can from these operas by having the press write about them in the most grandiloquent terms possible — and that, my dear friend, is routine for Paris. If you had only heard Lestoch by Auber, what drivel! and yet the newspapers, given Auber's renown, praised it to high heaven. The public attended 20 or 30 times, but now the theatre is deserted. The first performance the other evening of Gabussi's Ernani was an unmitigated and totally deserved disaster, without a single new idea or approach; apparently he preferred to ape the declamatory genre, and his pieces seemed like a continuous chain of recitativi that he hadn't the slightest idea how to orchestrate — even Casella was better at orchestrating his Litanie, imagine how ghastly! Some newspapers were honest while others sang their hosannas, but meanwhile the opera has closed and that's the honest truth. - Marliani's Bravo has also been put to rest for now; perhaps they'll revive it in the spirit of camaraderie sometime during the season but nothing is certain, so there you have further convincing proof of how little the French press can be trusted. - Tear up this letter, I sound so cantakerous it's frightening. - I spoke with Grisi and Rubini and Tamburini: they say that if the theatre in London where they've been engaged doesn't open (since the impresario is in prison), they would be happy to negotiate an agreement with the agency in Naples to come for three or four months during the upcoming summer season, which falls right in the period of my first new opera. I think it's extremely unlikely the theatre in London won't open, but I'll keep you informed of what might be possible or how to proceed. - I keep waiting every day for word from Romani, who I'm told continues to drive those poor composers under his poetic dominion to desperation. It's my intention to go to Turin and stay with him for as long as it takes to write the two operas — unless I need to remain in Paris because I've accepted other offers from these French theatres, in which case I'd be happy for him to come lodge with me here. Whatever the solution, as long as he doesn't decline altogether he's the only one who suits me, and I want all of the libretti for my Italian operas from him. I don't know if I've told you I received Pasta's answer to the letter I sent her in Bologna, which she had her husband write (because she never responds herself), addressing me as — imagine this — most esteemed friend. In a word, it's an extremely courteous letter, but it's cold as ice and far from giving me any reason to hope their marriage plans will ever change. As you know, I have always been inclined to say that it's all for the best and to let destiny take its course, without however neglecting to pursue whatever I consider advantageous and honest. - I've had no news from Giuditta [Turina] for nearly two months; perhaps she was offended by something I said in my letters to her, but what can I do? I don't want to return to a relationship that caused me so much grief, as you saw for yourself in Naples when I suffered such distress and agony over her coquetry — and with whom?  With an old man! — so you can only imagine what pain I endured when she flirted with younger ones. I have to tell you I'm enviably happy now, and I'll be even more so if my opera is a success. My heart yearns for no one: as I've told you, there's a signora whom I'm fond of more as a friend than a paramour, but she's crazy about me and does everything possible to make me feel less aloof, denying herself the even the slightest amusement to keep me close. This means I've no reason to be jealous because I need only request something and she complies immediately and without any question whatsoever, which leaves me feeling calm and comfortable. - Then too, I'm thinking primarily about how I want to find a suitable wife. You've mentioned that English woman etc. etc., but my dear friend, once I made my position clear her behaviour became strangely curious. It's true she'd always told me she too only felt mutual friendship and respect for now — yet despite her affectionate manner, those evenings when she knew it was likely I would come to visit she was never home, and there were other such gestures that seemed quite cold. But what am I supposed to do? I could never love her no matter how hard I tried. I'm still on very cordial terms with her and her family, though I've not seen them for four months because they've been away in the country. You know, there are two great difficulties to be considered: the first one is that I don't know if they've worked things out with their brother, who wanted to give each of them a total of 150 thousand francs cash rather than maintain their current allowance of 12500 francs per year — and without love, a dowry of 150 thousand francs, my dear friend, is not much; then the second and principal issue is that she's already 25 or 26 years old, and should misfortune have it that she doesn't fall deeply in love with me she'll never be disposed to bend to my will in matters of both habit and heart. All told, I no longer see myself inclined toward such a union, so for now I've decided to give it up — perhaps someday the attraction will return, but I think it will be difficult. I hope you won't discuss this matrimonial foolishness with anyone since you'd make them laugh, just as I often nearly do myself. There's an elderly signora, the Baroness Seillière, who would have me wed a girl of 18, quite pretty in her estimation and wealthy, with a dowry of two to three hundred thousand francs. She's an only child, not in Paris presently but in Rome with her mother and father, the famous painter Horace Vernet, who will be returning to Paris at the end of this coming January. When I privately mentioned this playful scheme of the Baroness to Greville, who has been here some months, he told me that he had made the girl's acquaintance in Rome and found her truly quite attractive, especially her features which he likened to Canova's [bust of] Madonna Laura, and also well educated with a perfect knowledge of music, drawing, and languages — that in a word, according to him I should negotiate such a union if the dowry is at least two hundred thousand francs, since there is further benefit to be had from her acuity and her talent, and even more so from her natural disposition, which appears to be even-tempered and incomparably sweet. This information, which I received from Greville just yesterday after telling him my story, has transformed what I believed was nonsense into something I now consider feasible, and I'm inclined to heed the Baroness, who will be charmed at the thought of arranging this marriage because she's very fond of me and also loves the girl (as she has told me). This is why I've mentioned it to you, because, my dear Florimo, I won't keep even the slightest detail of my projects hidden from you, never. - Now here's my plan: If I make this match with a young maiden whose dowry provides me with a certain degree of independence, I can remain in Paris and write for the Grand Opéra and then for the Opéra Comique as well, working at whatever pace I choose for each opera since I wouldn't be in need of ready cash to maintain myself. Having such an attractive and well-educated young wife will also thoroughly dissuade me from taking up with other women and continually suffering the rancor they inevitably cause — and if she should be similarly tempted to flirt with other men, I'm always the master, receiving whomever I choose and bringing her with me when I travel if it suits me, etc. etc. But I don't think those measures would be necessary because I know myself: if I marry a charming, attractive, and good-natured woman, I believe I'd be a most affectionate companion, and all women, without exception, only tend to stray when their husbands neglect them. For now then I'm pondering this happy solution, though it may well last no longer than the one involving the English woman — in which case it's all for the best, given that I can't forget I'm prone to fall in love with women I don't intend to marry and end up chafing at the prospect, so if this impression persists you'll see that I'll never wed. - Amen. - I've heard about how sensational Malibran was in Sonnambula, which couldn't have been otherwise. Oh, if only she wanted to do Beatrice! Not so much for Naples as for Milan, where the revival would be such a success! Then my mistreated Beatrice would rise again and travel like Norma to many another theatre. You've told me I puritani should end with a grand scena for the female protagonist, which in fact was my original intention; but after some very sensible changes I made to the second act, her scena now falls right in the middle of it, a situation somewhat similar to the quartetto in Nina but in an atmosphere that transitions from melancholy to allegro, then uncertainty, and finally a vigorous agitato with pertichini from the two basses. Since another and perhaps misplaced scena at the end would only damage the opera as a whole, I decided I would conclude with a charming, that is to say, passionate cabaletta for the tenor and the female protagonist like the one in the first-act finale of Sonnambula, preceded by a largo concertato for the two basses, tenor, female, and chorus as in Norma etc.  I think it will work well this way, since it's an extremely interesting situation for everyone involved. You can be sure I'll write a new cavatina expressly for Malibran. In the next few days I'll start adapting the opera according to the plan I've already prepared, and I've no doubt it will do quite well for Pedrazzi, Duprez, Porto (I'm counting on you to spoon-feed him his part), and the mighty Malibran. You must go visit her on my behalf and, after scolding her soundly for neglecting to call for me when she came through Paris, convey my gratitude for the tremendous effort she has dedicated and continues to dedicate to the performance of my operas. Tell her that I'm hoping to write a pair of operas for her for Milan, if that miserly Duca Visconti will agree to at least the same fee I negotiated with Naples; and that if she is of like mind she could support our common cause by writing to him, or better still by speaking with him, since there will be more than enough time because my contracts with Naples prevent me from taking on any new work until 1836. Finally, tell her that if I have the opportunity to write expressly for her, I will make every effort to ensure that her prodigious gifts are given full and prominent display. Tell her also that I will accommodate and adapt I puritani for her voice and that she need not worry about the role because, given its passionate nature similar to Nina, were she only to act her part in prose the dramatic situations would still be immensely interesting. Tell her also that I long for the occasion to be able to demonstrate how much I admire her talent, an admiration so great that it could well throw considerable shade over my affection for her dear Charles, whom I fondly salute. - Farewell my dear friend. I hope you'll be pleased with this long letter and that you can forgive me the occasional delay in writing to you. Many kind regards to Cottrau, and tell him I'm negotiating with various publishers for just the French and English publishing rights for my two new operas for Naples. I intend to obtain at least eight or nine thousand francs, from which dear Cottrau would receive his first 4500 francs. Tell him then not to deal on his own with anyone for either the rental of the full score or subsidiary publishing rights but rather refer every request directly to me, with the promise that in doing so we can get more than twice what he could by himself. I'll write to him in a week or so about what I've arranged. Farewell.

                                                Yours fondly

                                                Bellini

Deux Siciles

à Monsieur François Florimo

à Naples

postmark paris bureau | 1 dec. 1834 - napoli | 15 dic

Ed. Florimo 1882[r], pp. 466-474; Cambi 1943[r], pp. 480-487; Neri 2005[r], pp. 352-356; Olschki 2017[r], pp. 434-439.